Il De-Capital Gain al 42% su Bitcoin: Come cestinare il settore delle cripto-attività
Il Viceministro Maurizio Leo in conferenza stampa annuncia un aumento del 61% sull’imposta dovuta sulle plusvalenze realizzate su Bitcoin
Introduzione
Sembra una storia da horror quella consumata durante la giornata di ieri durante la conferenza stampa di Palazzo Chigi. Doveva essere una delle tante conferenze stampa in cui membri del Governo condividono quelle che sono le prime bozze della manovra economica che dovrà essere approvata entro dicembre 2024, eppure qualcosa sembra essere andato nel verso storto.
Come riportato in uno dei miei recenti contributi su Inside Cryptech, l'aliquota sul Capital Gain è stata fissata al 26% qualsiasi cripto-attività. Per approfondimento specifico vi rimando all'approfondimento realizzato qualche settimana fa che trovate qui.
Sino alla modifica, entrata in vigore con la legge di bilancio 2022, le cripto-attività erano sempre state assimilate alle valute estere e pertanto il Capital Gain avrebbe seguito quella disciplina specifica che prevedeva l'applicazione dell'aliquota del 26% su plusvalenze superiori a €51645,69 generate per sette giorni consecutivi.
Più 61% in pochi secondi
Durante la conferenza stampa indetta nella giornata di ieri direttamente da Palazzo Chigi Il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e il Viceministro Maurizio Leo, illustrano i provvedimenti approvati nella riunione del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre.
Tra questi provvedimenti si fa esplicito riferimento alla volontà di aumentare l'aliquota sulle plusvalenze derivanti da Bitcoin. Qui il passaggio
In pochi secondi siamo passati ad un incremento dell'aliquota del 61% equiparando i redditi derivanti da plusvalenze da Bitcoin a quelli derivanti da gioco d'azzardo.
Oltre questo però è da ritenersi che tale espressione preveda l'applicazione di tale tassazione esclusivamente all'asset Bitcoin e non a tutte le cripto-attività che rientrano all'interno della tassonomia MiCa. Ciò comporta non solo una disparità di trattamento tra asset aventi medesima tassonomia ma anche uno squilibrio importante per ciò che riguarda il trattamento degli ETF backed by Bitcoin.
Infatti, alla luce di quanto espresso dal Vice Ministro, pare evidente tale aliquota sia esclusiva per i soli asset e non per gli strumenti da essi derivati. Tale atteggiamento chiaramente segnerebbe una presa di posizione considerevole nei confronti dell'intero comparto all'interno del nostro Paese.
Gli scenari
Alla luce di questa presa di posizione chiaramente gli scenari possono essere molteplici. Ricordiamo inoltre che le affermazione contenute e condivise in sede di conferenza stampa dovranno essere necessariamente discusse ed approvate in parlamento pertanto nulla ad oggi risulta essere definitivo.
Al netto di quanto sopra riportato, chiaramente molti dei risparmiatori Italiani che hanno in portafoglio Bitcoin, e non i suoi derivati, si troverebbe davanti ad una scelta obbligata: vendere prima della fine dell'anno per evitare un'imposizione fiscale più elevata. Ma questa è solo una delle opzioni possibili.
Infatti il soggetto residente fiscalmente in Italia potrà eventualmente decidere, qualora ritenesse opportuno essere ancora esposto su questo asset, di acquistare non più Bitcoin ma ETF avvalendosi così di un'aliquota decisamente più bassa.
Tale comportamento chiaramente costituirebbe un gravissimo problema per le aziende che operano sul mercato italiano che si troverebbero costrette ad affrontare una revisione dei propri modelli e rivalutando persino la propria esistenza all'interno del territorio italiano.
Conclusioni
Gli operatori del settore hanno da sempre chiesto chiarezza e certezza normativa che nel corso del tempo si è concretizzata nel Regolamento MiCa e di tutto il Pilot Regime, ma mai nessuno si sarebbe aspettato cotanto astio e follia su i temi tributari.
È evidente che, se confermata questa linea, il Governo tranci di netto i rapporti con il settore dichiarando apertamente che il settore delle cripto-attività non è ritenuto essere strategico per il Paese, andando esattamente in direzione opposta rispetto a molti Paesi che anziché mettere al bando, agevolano la diffusione del settore accogliendo capitali.
Si parla spesso di fuga di cervelli, e di aziende, ed ecco che la situazione si ripresenta anche nel nostro settore. La caccia alle streghe è iniziata e probabilmente a questo punto è solo l'inizio, ma fatto sta che questo non è un paese per le crypto.